MC edizioni 2025
collana Gli insetti

diretta da Pasquale Di Palmo

prefazione di Baldo Meo

A cura di Maurizio Casagrande


Ha una vaga eco platonica la lirica incipitaria di questa silloge che si pone in netta controtendenza rispetto alle derive di tanta produzione odierna. Ma forse, senza scomodare l’autore del Fedone e del Simposio, sarebbe più opportuno suggerire un nesso con la metafisica della luce di San Bonaventura e, ancor più, con l’epifania della luce (e della musica) quale preludio alla ricongiunzione col divino che ha luogo nel Paradiso dantesco: «Ci hanno detto un giorno/ che siamo solo carne/ negando il sangue spirituale/ che ci scorre nelle vene/ e i nostri più antichi silenzi/ Hanno impresso il controllo/ sui segni di vita/ Chiuso la luce indomita/ nel recinto della prosperità/ Ma non possono imporci a lungo/ la morte quieta/ di questo piccolo orizzonte/ nutrito di benevole menzogne/ e brillare di lampadine/ al posto delle stelle/ Non sanno/ che il ricordo di ciò che siamo/ è ancora vivo in noi» (Ci hanno detto un giorno, p. 15). Se poi si considerano gli eserghi alle tre sezioni all’insegna di Eliot, Hikmet e dell’ultimo Montale, la silloge ci appare altresì inscritta nella luce di un inno alla libertà interiore (come alla poesia) e pertanto non sarà fuori luogo fare anche il nome di Mandel’štam, del quale si percepisce la presenza benché quest’ultimo non venga mai espressamente menzionato. Ma siamo al cospetto anche di una poesia del silenzio (un silenzio perfino universale: cfr. Nel cercare parole, p. 39: «Nel cercare parole/ in questo spazio/ in cui l’Universo coltiva il suo silenzio/ cosa resta ancora da ascoltare?») e dell’attesa e pertanto di poesia di chiara matrice religiosa: «Cercai le foglie quiete/ e l’acqua dei fiumi/ e piani di silenzio a darmi pace» (Cercai nel labirinto della mente, p. 16); «E nel buio/ attendo/ una insolita quiete/ e una scintilla d’aria notturna/ che si fa suono/ e parla» (Mi sveglio, p. 28); e ancora, in modalità  più esplicite: «Esistere raccolti nel respiro/ colmando il vuoto/ che il mondo porta dalla sua periferia/ per ritornare/ finalmente/ immersi nel silenzio» (Esistere raccolti nel respiro, p. 19), nella costante aspirazione, col Montale degli Ossi, a quell’«istante inatteso/ in cui ogni cosa/ si ricompone/ e brilla» (Vorrei essere altrove, p. 22), oppure, meglio ancora, nell’anelito a saper cogliere quei rari «intervalli/ in cui coltivare/ la bellezza» (Il tempo della mente, p. 44).
Né si tratta di fuga in una dimensione astratta e puramente ideale, dal momento che il poeta si muove sul terreno delle umane fragilità misurandosi con il mistero della malattia e del dolore: «Ho scritto una lettera alla vita/ dopo le luci acute di una sala operatoria/ e le voci distanti/ e un dolore freddo/ che blocca ogni respiro» (Ho scritto una lettera alla vita, p. 24); e tuttavia, nel muoversi tra la fissità di antiche statue, essa non rinuncia alla speranza di poter «osservare/ tra questi volti di pietra/ un arrivo di cielo» (Resto in questo parco seduta, p. 40), capovolgendo radicalmente il pessimismo montaliano della celeberrima Spesso il male di vivere ho incontrato.
Non è assente, in questa suite articolata in tre delicati movimenti, la corda più schiettamente lirica che si manifesta implicitamente tramite la ripresa del tema della rosa nell’esergo da Hikmet, per uscire allo scoperto sulle molteplici sfaccettature dell’amore all’interno delle ultime sezioni (Passaggi e Profili), con la sola avvertenza che l’evocazione dell’amato può essere intesa anche in chiave mistica, in risonanza con il Cantico dei Cantici, in ragione del potenziale connotativo e polisemico del linguaggio poetico: «Dove sei antico compagno?/ Dove si nasconde il tuo piede sicuro/ e la tua spalla tesa in cerca di pianure?» (Dove sei antico compagno?, p. 51). Col ribadire, proprio in chiusura di silloge, l’urgenza della poesia nei grigi tempi in cui viviamo: «Il mondo/ ha ancora bisogno di poesia/ e di cercare ancora/ un ostinato indicatore/ di altre realtà» (Il mondo, p. 88).
In definitiva, se la Sesso Sarti rende omaggio nell’ultima sezione, in una lirica che trasuda ammirazione e riconoscenza, al poeta  che le aveva indicato la strada «sul pendio delle parole», ovvero Attilio Bertolucci (Una tenerezza silenziosa, p. 83), l’impressione che si ricava dal complesso dell’opera, come pure dal titolo nella metafora dei «varchi», è che per lei abbia contato altrettanto, se non di più, la lezione di Montale, maestro indiscusso del Novecento col quale occorre misurarsi, anche soltanto allo scopo di prenderne le distanze invertendo la direzione di marcia.

Maurizio Casagrande

*

da: Echi da varchi vicini, MC edizioni 2025

Parlami della luce
sulla perfetta impalcatura
su cui si arrampicano
senza sforzo
angeli imprevisti
Questo soffio mi apre i polmoni
oltre l’impronta secca dei ricordi
Riempie d’aria i cunicoli oppressi
e interrompe la danza degli scheletri stanchi
e di pensieri che un tempo
avevano ossa più forti della vita
È dunque finito il ballo spento
e l’inganno degli spettatori muti?
Parlami della luce
che è suono senza sbarre
e spiraglio ventoso
sul mistero presente
Ch’io possa seguire quelle ali
e tracciare sui piani
nuovi percorsi

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per Attilio Bertolucci

Una tenerezza silenziosa
gli circonda il viso
e un’aria di ciclamino
gli avvolge la fronte
così lontana dal mondo
E mentre lo seguo
sul pendio delle parole
la sua mano raccoglie
gli ultimi sprazzi del giorno
e tesse un ventaglio d’ombra
davanti ai miei occhi incerti

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Il mondo
ha ancora bisogno di poesia
e di cercare ancora
un ostinato indicatore
di altre realtà

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Olga Sesso Sarti è nata a Cosenza ma vive e lavora a Roma da molti anni. Avvocato e dirigente pubblico, ha pubblicato la silloge Profili (Edizioni Periferia 1998, premio “Donne e scrittura. L’inedito nel cassetto” VI edizione) e il libro di favole per bambini Janurè e le favole del mondo (Raffaello Editrice 1996, premio “Città di Cingoli”).
Con Echi da varchi vicini è entrata nella prima rosa degli autori candidati alla 37^ edizione del Premio Letterario Camaiore – Francesco Belluomini, e in quella degli autori candidati alla 13^ edizione del Premio Internazionale di Poesia Gradiva 2025. I suoi passi sono stati segnati dall’incontro, giovanissima, con Attilio Bertolucci che ha determinato l’avvio di un percorso poetico che, seppur rimasto intimo e nascosto dietro altre esperienze di vita, non si è mai interrotto.