Interno Libri Edizioni 2025
Il neologismo “disisperanza”, che dà titolo al più recente lavoro in poesia di Elio Tavilla (La disisperanza, Interno Libri Edizioni 2025) nella sua tensione semantica, nel suo fondere gli etimi in modo difforme rispetto alle norme canoniche, sembra indicare un lido sospeso tra resa e resistenza, ibrido approdo dove si è oltre la speranza, ma non ancora completamente nella disperazione.
Due polarità emotive, raccolte in un ossimoro linguistico che introduce registro stilistico e timbro viscerale dell’opera: un disincanto pregno, viscoso, pure proteso a una coreografia danzante: Tavilla su distese sconfortate innesta un lirismo raffinato e multiforme, eteroclito al modulo attuale dominante, nella sua vigorosa opulenza: un barocco regale, nobilmente obliquo, di oscurità sontuosa.
Il testo è scandito da durezze savie che, accostate a valorose iridescenze, danno alle liriche un’impronta prossima al sublime negativo. Il realismo disgregato in immagini selvatiche e luminescenti – crisantemi, faglie, mitocondri, meteoriti, neon intermittenti – sguscia in un misticismo disilluso, in un apparente scoramento cosmico, in cui la morte pare rettrice unica della materia: coriaceo reperto di un’incessante disfatta.
Le voci sovrapposte, atemporali attraversano le poesie setacciando residui di senso nell’irreparabile, ma portano l’amaro della ricorsività delusa.
Eppure la poesia di Tavilla plana su un’angoscia esistenziale definitiva senza inabissarvisi, né interamente aderirvi: il poeta non desiste dall’attraversare le macerie dell’esistenza interrogandone le oscurità, alla ricerca di un adito arioso, fecondo di bene. I corpi, le cose, persino il fango e le discariche sembrano custodire una vocazione sommessa al riscatto, una resistenza umile, la promessa di qualcosa che ancora si sollevi in volo, generando un fruscio d’ala, un soffio che s’inaugura: facendoci inaspettatamente voltare.

*
da: La disisperanza, Interno Libri 2025
la ragazza dice: il sottopasso è pieno
d’acqua, i fiumi convergono nel punto
illimitato dove tutti si riversano, donne
uomini, bambini. Ho fatto colazione
ho comprato il pane, ho pensato che morire
è un buco sfavillante verso cui
scivolare con bocca e occhi chiusi
poi aspettare, il resto viene
da sé
*
nessuna lacrima è versata senza che
le ortensie si confondano con siepi di
crisantemi. Poi si affannano a sembrare
piccoli animali brulicanti nel fondale
dei mari preistorici, bulimici, perenni.
Quanta indegnità prima di vedere i fiumi
straripare nei boulevard, quanta appropriatezza
nei modi e nelle immagini del fango che
riemerge dai cofani delle auto ammutite
dal picco di corrente sotto i ponti.
C’è per tutti un dispiacere, non fanno
eccezione gli occhi gonfi dei bambini
*
farsi trafiggere dal buio non è
come si pensa, la fitta intercostale
che accomuna specie umana e piante
nella stessa condizione lattea, un calor
bianco che si fredda, un’estasi
che lascia gemere la vita, quella
forma della vita che trasmette
caldo, freddo, ancora caldo, primario
calcolo se vale o meno stare al mondo.
No, non è cortese rifiutare cibo
e spirito del cibo, meglio
dirimere le ultime contese giù tra
faglie e mitocondri e un’ipotesi
di scisto, aureola nel suono
dei meteoriti
*
dedicarsi ai medesimi volti, farli
invecchiare fiaccandoli di sguardi
assenti, privi di acrimonia, tra tutte
le bugie che dici una
spicca il volo e ci trapassa: non
il predestinato che patisce
i dolori del mondo, ma una fiamma
inestinguibile, severa
come il nostro amore
*
quando disperdevansi nell’aere
i fumi della discarica abusiva
e i nostri cuori battevano all’unisono
come merci impazzite sui quadranti
delle borse valori, un unico sensato
sibilo emetteva la folla respinta
stipata nei macelli, non voglio
rinascite e massacri ma un altro
possibile futuro
tenutoci all’oscuro
*
il lavabo goccia, scandisce
le cose dell’amore come un pugile
che l’aria fenda prima di cadere, sa
disporre i rumori della guerra
in sottofondo, muoiono gli altri
lui rimane. Una mimica
domestica e dannosa alle cose
dell’amore, l’amore che svanisce
come stella millenaria sfracellata
anni-luce fa sopra un’orbita di gas
pulviscolare
mondo cane e animale
dove metti il tuo satellite fedele
a trascurare, dimmi
dove metti i trascurati dalla luce
dimmi, dove
*

Elio Tavilla è nato a Messina nel 1957. È docente di Storia del diritto presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. Ha pubblicato 24 poesie (edizione privata, Messina 1980), Il cubo e l’assenza, con prefazione di Maria Luisa Spaziani (Premio internazionale per l’inedito Eugenio Montale 1983; Società di Poesia, Milano 1984), Concetti semplici, con prefazione di Rosita Copioli (Prova d’Autore, Catania 1989; finalista al premio Alfonso Gatto 1989), Piccola antologia (I Quaderni di Rossopietra, Modena 1990), Fiori & Configurazioni, con postfazione di Salvatore Jemma (Quaderni del Masaorita, Bologna 1996, 100 copie numerate a mano), L’amore di due, con postfazione di Alberto Bertoni Book Editore, Castel Maggiore 1999; Premio Dario Bellezza 2000; finalista al Premio San Pellegrino Terme 2000), La cometa, con nota introduttiva di Giampiero Neri e postfazione di Emilio Rentocchini (Gallo&Calzati editori, San Giovanni Persiceto 2005; Premio Sandro Penna 2005), La gravità terrestre (Musicaos, Neviano 2020). È stato fondatore e redattore de Gli immediati dintorni. Rassegna di poesia contemporanea, di Frontiera, Rivista di scritture contemporanee e di Radio Frontiera. Audiorivista di voci e scritture.

