Interno Poesia Editore 2025
Postfazione di Caterina Lazzarini

La raccolta Epiloghi di Evaristo Seghetta Andreoli (Interno Poesia Editore 2025, postfazione di Caterina Lazzarini) è una meditazione gentile e accorata, un lungo attraversamento dell’esistenza, in cui la poesia prova a porsi come elemento di obiezione al declinare del tempo.
L’elemento naturale, persino agricolo, e ogni presenza sorgiva e sincera – come le piogge di provincia, il tufo, i boschi di quercia e di cipresso, gli olivi – diventano “sintassi della natura” e specchio di un pensiero che, pur cosciente della vanitas, cerca una residua, stabile autenticità.
L’opera è solcata da un assiduo dialogo con il limite, da una melanconica frequentazione della dissolvenza come dimensione connaturata all’esistere, ma anche dall’ostinata ricerca di una persistenza, che percorra le vie umili, i segni minimi: “Meglio la scarna povertà delle parole/ di questo vuoto della vanità”. La poesia stessa è interrogata in questa sua funzione, nel suo esito oscillante tra testimonianza e fallimento: “Ti chiedi se serva la poesia/ su questa via allagata dal fiume”.
Nonostante l’amarezza di alcuni passaggi, resta sospesa tra i versi una grazia sobria e quasi sacrale, che sa affidarsi al poco, con ispirata gratitudine. Ne deriva una voce che, nel dire il generale declino, trova fermezza etica, simile a quella di un grazioso soffrire – come nota Caterina Lazzarini in postfazione – di timbro foscoliano: dolore non informe, ma elevato a effigie, intrisa di eufonia e buon canto.
È così che il poeta rende i propri epiloghi non una vera conclusione, ma una cauta apertura all’ulteriorità, là dove il firmamento incarna un fulgore inconfutabile, e ci interpella, sollevandoci lo sguardo.
Se il tono dell’opera rimane prevalentemente elegiaco, alcuni testi affiorano per luminosità, tensione alla speranza e uso di figure intimamente simboliche: significanti di una possibile rinascita del dire poetico come rigoglio primaverile; di un paesaggio naturale come custode di senso e durata oltre la fragilità del vivente; di una dimensione notturna come pensiero riconciliato con la sapienza del flusso cosmico.
Quando il linguaggio rinasce dal silenzio, fluendo in un “rigagnolo d’inchiostro”, la poesia si manifesta come forza vitale e rigenerativa, reiterato esordio, teso a metafisica fioritura nella bellezza; la permanenza degli olivi offre una grammatica del restare, oltre l’umana caducità: il paesaggio è avamposto d’incanto, custode di senso, gravido di nuove sequenze liriche ed emotive.
Così, laddove la prospettiva si apre all’universale, la notte, luogo di bilancio e di coscienza, diventa il varco da cui intravedere che “le stelle non sono lì per caso”: lo splendore è una matematica accurata e pervicace, che eccede il razionale puro e il contingente: taciturno contrappunto all’afflizione: evidenza visionaria di contrade ulteriori, non issate nel clamore, ma pervase dal segreto respiro della natura e del cosmo.

Vincent van Gogh, Campo di grano con cipressi, 1889

*

da: Epiloghi, Interno Poesia Editore 2025

Interrogativi

Abbiamo cumuli di dubbi, foglie
bagnate e stratificate, pesanti
come le assenze dopo lunghe attese
di legittime pretese credute
naturali nel corso della vita.
Sono tutti qui i punti di domanda
sul sorriso amaro, sopra le lacrime
represse di un’antologia di tela,
di finti fiori privi di colore
e di profumo, rigonfi di vuoto.

*

Ammissioni

Cara poesia che sai di chiostro,
di muschio e di fiorita di sambuco,
ormai suono stridente delle ruote
di carri incatenati al giogo di buoi
stanchi: taci e non brilli più.
Se barcolli è perché non resisti
ai progressivi crolli di certezze,
proprio come me, qui, adesso, in assenza
di te e delle tue vane carezze.

*

Pozzanghere

Sono sempre più rare le parole
e la pioggia, che cade stasera
le porta con sé, nel suo ritmo
insistente di una verticalità
dirompente, in un canto composto
dentro una pozzanghera di armonia
sulla via che sembrava ormai persa.

Come è imprevedibile questa
poesia che squarcia d’improvviso
il sordo silenzio di dicembre
e riporta un po’di sorriso.

Così dopo mesi di assenza,
di insipienza totale, qualche verbo
e pochi aggettivi tornano a scorrere
nel sangue: un rivolo sottile, un rigagnolo
di inchiostro tra le pietre del cortile,
parole su parole, l’incanto del momento
ormai raro, gocce su gocce,
la polvere torna fango e già i versi
come fili d’erba si preparano a fiorire,
spero in aprile, spero a primavera.

*

Tuscia

Il tufo, dopo la pioggia, profuma
di eterno poi ha quel giallo paglierino
che incornicia i tuoi occhi. Cosa importa
se da poco è finita la scuola
e di fieno è il solo mare a noi vicino.
Profumano il tufo e il seno
oltre i capelli di labbra e di baci.
Che sciocchi siamo stati, ignoravamo
purtroppo di non essere eterni.

*

Campagna

Parlano e pregano gli olivi, forse
solamente tacciono nell’ascolto
dello scorrere del tempo, sintassi
della natura e gioia del momento,
indifferenti allo scontato, all’ovvio,
all’ingenuità umana, alla notte
precoce, troppo veloce
nel suo accadere, al giorno imminente
che si adagerà sul letto del fienile
sopra le nostre sfiorite esistenze,
in rade radici e in rari colori.

*

Speculazioni

Di notte si torna in noi, è al buio
che si chiariscono le idee,
si tirano le somme, si soppesano
le fatiche, si ascolta la coscienza,
si accettano anche i limiti imposti
alla conoscenza; si ha paura e coraggio
di guardare nel buio e di vedere
quello che non si vede, di sperare
e di sognare, di credere ancora
che le stelle non sono lì per caso.

*

Evaristo Seghetta Andreoli è nato in Umbria, a Montegabbione, dove attualmente vive. Studi classici e giuridici, già bancario di professione. Membro di varie associazioni culturali, collabora con riviste letterarie, ed è fra i giurati di alcuni premi di poesia tra cui il Città di Acqui Terme. Testi e recensioni delle sue opere sono comparse su quotidiani e riviste letterarie italiane e straniere, tra cui “La Lettura – Corriere della Sera”, “Treccani”, “I limoni”, “Gradiva”. Ha pubblicato le raccolte I semi del poeta (Polistampa, 2013); Inquietudine da imperfezione (Passigli, 2015; Premio Firenze Mario Conti Fiorino D’Oro, Premio Mario Luzi); Morfologia del dolore (Interlinea, 2015); Paradigma di esse (Passigli, 2017; Premio Città di Sassari); In tono minore (Passigli, 2020; Premio Cecco d’Ascoli); Il geranio sopra la cantina (Puntoacapo, 2023; Menzione Premio Camaiore).