Book Editore 2024



È “a corda di vento” il percepire da matrice profonda; è nel solco del “crepavoce” l’assistere al nascere del proprio dire: materia franta che medica per inadempienza, illuminata da inesauribile doglia d’amore e “febbre di visione”. Nella più recente opera in versi e prosa artistica di Laura Caccia – Le voci insorte (à rebours), Book Editore 2024 – dalle smagliature di un reale impositivo emergono alfabeti lenti e leali come germogli, che sottraggono “la morte alla sua grazia”: un morbo di sincronia fa il poeta sguarnito, prono allo sconcerto dell’ininterrotto presagio che lo scuote nel “cratere del corpo”.
Ordigno potente e imbelle, tra gli “stormi delle mine” il fraseggio lieve, mormorio in levare, pare non aver voce, ma insorge alla “scena inospitale” dei paesaggi scanditi in muta concretezza come “eco” e “premura”: risalendo fino ai “preludi di sangue” come gesto d’intima adesione creaturale, coerenza di vivente al proprio battito, che diviene “dubbio di gioia” e “semina di orizzonti”: inguarita carità che si ridona al mondo.
Sono “innamorate le cime / delle acque” e così le ombre, “innamorate controluce”: c’è un bene di sempiterno vigore, seppure dal soffio ineffabile, che sporge dall’esistente: dalle minuzie dello scenario dei vivi trapelano ostinati albori di tenerezza. Barbaglio di qualcosa che riguarda il cuore, la notizia va percorsa udendola con l’adunanza dei sensi, in condivisa inidoneità: riportandone il “biancore custodito / dalle ceneri”, la “bellezza minore” che, tra sconforti e mancanze,  perdura. Il poeta è quell’asserzione inversa, senza dimora, che reitera bellezza nel refuso della sua sconfitta: eternamente si replica in “recita randagia”, continua a osare pronuncia “a grembo vivo”, si dà con remissione al perpetuo avvertimento: “la parola è un destino una materia scorticata di luce qui dove l’universo è solo”.


Gaetano Previati, La danza delle ore, olio e tempera su tela, 1899


*

Da: Le voci insorte (à rebours), Book Editore 2024

quale voce potrà tenerci interi a corda vuota scossa dal
vivo l’intonazione distorta sempreviva abbracci di quinta
la parte scordata dissolta tra le ossa la musica profana
della specie nell’esodo del sangue il torto un ombra felice

a scavo di tu residui di lutto un errore di battitura nel
batticuore della terra traduci labbra all’imbratto a smarrire
elemosine di muse tra le contraddizioni una traccia di buio
invece contesa alla realtà oppure per difetto guarire la luce


*


senza sottrarsi all’oltraggio della luce la grazia odorosa
degli inverni le nostre labbra sciamano le acque i mondi a
nudo l’abbraccio che impollina orizzonti a mezzo vento
intorno le controfigure all’addiaccio le voci assorte insorte

tra i meli è figura insostenibile fino allo strappo la corda il
cielo il ponticello per il prato legatura ottave di neve a
sfaldare terre di deità messe a fuoco messe al canto delle
ceneri in eco di buio espulso dal suo rogo in brocca e vena


*


se è un discorso in battere che sgretola
la vita sporgiti dalle sue

braccia nessuno        di noi ha dimenticato
ciò che si spalancherà
tra poco

ogni cosa all’addiaccio una storta
epifania
                                  la sfocatura nonostante la sua
                                  messa a fuoco

a poco a poco nel varco del vento
                                                              l’oscuro sboccia le sue
                                                                           sillabe a nudo
tra i paragrafi che risalgono
le correnti non restano

incolumi la realtà l’irrealtà
i mondi a rovescio
                                     il respiro dalla parte sbagliata
neppure a scroscio
ogni visione un refuso nel varco

                                    le figure parcheggiate
                                    escluse dal canto promesso

                                                            alle screpolature dei vivi
ad annerire il buio nel doppio
dei corpi da offrire
alle morti in dono sulle tue labbra

dove la mia voce   sfocata infuocata sorride


*


tienici sul bordo senza un fondale
sicuro a fecondare ogni crepa

                       / ancora a plenilunio tra i nomi
che migrano alla macchia /

versioni irragionevoli da cui invisibili
guadi sottraggono le acque
nel calore che allatta gli orizzonti
dove balbetta
l’universo in apnea

un improvviso biancore custodito
dalle ceneri ora sceglie

l’abito da festa la leggerezza è
strappo più della caduta

                       / o poco adagio premura /

la voce che manca asseconda
la sua riduzione
resina di luce a slabbrare
semi e massacri
informi insonnie in gola

in questo chiarore
incompiuto disadorno

/ spoglia di tutto avendone cura /


*


a scucire il silenzio dagli occhi                           sotto la vita un’altra
                                                                                  vita non cessa
sotto la voce un`altra voce e un’altra
ancora
                                                   bussa al corpo a giurare la sua
                                                                          resina d’ombra
                                                                   nel suono spogliato
a mani nude l’inferno sospeso
                                                             qui cade mette l’allarme
                                               nella folla sonnambula ogni nota
distratta dalla sua
combustione l’argilla del sangue                      impollina ustioni
                                                                                 arde muta
screpola ovunque
la bocca
                                                impronunciata una svista in cui
                                                                               si annidano
                                                               fuori posto gli sguardi
invisibili giorno e notte
una minuta
a guado del respiro
                                                            dove insiste è poco dire
                    un tale irriparo che a farne nido niente è metafora


*


Laura Caccia (Varallo Sesia, 1954), laureata in filosofia presso I’Università agli studi di Torino, con una tesi di estetica, relatore Prof. Gianni Vattimo, segue il laboratorio d’arte di Varallo Sesia con il Maestro Lino Tosi e si dedica per diversi anni alla pittura.
Il passaggio alla poesia avviene con Asintoti (Opera prima, Anterem – Cierre grafica, 2004). Nel 2012 si aggiudica il Premio Lorenzo Montano per la raccolta inedita con D’altro canto (Anterem edizioni, 2012). Nel 2013 il secondo Premio Renato Giorgi con l’inedito Versi alveari. Sempre per l’inedito, nel 2021 è finalista al Premio nazionale editoriale di poesia Arcipelago itaca con levociinsorte, nel 2022 è nella terna dei finalisti al Premio nazionale Elio Pagliarani con La terza pagina, silloge pubblicata l’anno successivo (Book Editore, 2023).
Sue raccolte o poesie sono state musicate da Francesco Bellomi, con un brano per pianoforte, da Alessio Sala e il Conservatorio Bonporti di Trento/Riva del Garda con un brano per flauto, clarinetto, violino, violoncello, pianoforte, canto e voce recitante, da Cosimo Colazzi e Motocontrario Ensemble, con un brano per viola e voce recitante.
Sue poesie sulle riviste «Anterem», «Le voci della luna», «Osiris Poetry» e, on line, su «Anterem. Carte nel vento», «Blanc de ta nuque», «Trasversale», «La dimora del tempo sospeso», «Poesia2punto0». Sue note critiche di presentazione e recensione di raccolte poetiche contemporanee, edite ed inedite, su «Anterem. Carte nel vento», «Trasversale» e su vari siti a cura degli autori recensiti, oltre che in alcune pubblicazioni degli stessi. È presente nell’antologia «Blanc de ta nuque II», a cura di Stefano Guglielmin (Edizioni Dot.com Press, 2016).
Dal 2014 al 2020 è componente della redazione della rivista «Anterem», diretta da Flavio Ermini. E, dal 2004 al 2020, del Consiglio editoriale di «Opera prima», curata dallo stesso, Attualmente fa parte della redazione di Anterem Edizioni, con la direzione editoriale di Ranieri Teti, e della collegata giuria del Premio di poesia e prosa Lorenzo Montano. Ed è componente della redazione della rivista «Osiris», diretta da Andrea e Robert Moorhead, con sede a Greenfield, Massachusetts, USA.




*Una scrittura di Isabella Bignozzi per Laura Caccia*