Les Flâneurs Edizioni

collana Icone, a cura di Alessandro Cannavale

Prefazione di Roberto Deidier

C’è un perimetro preciso in queste nuove poesie di Elisabetta Destasio Vettori, un confine, un recinto ritagliato nel vivo dell’esperienza, come quello tracciato da un’antica regina mentre fondava una nuova città. Perché il perimetro di cui parlo non è solo il luogo di un’identità, anche poetica, ma è il luogo di conservazione – e di espressione – di una forza lirica che si consegna al futuro, pure nella sua ineffabile incertezza, o nei segni che già il presente lascia adombrare. I punti cardinali di questa geografia privata sono rappresentati dall`io.
incombente, pervasivo, dai riferimenti famigliari (il padre e la madre), da una città irrinunciabile e dura, quindi struggente come Roma, raccontata nei suoi ineguagliabili passaggi di stagione.
Il poeta che parla in questi versi non si risparmia, è perfettamente consapevole che la poesia è il luogo di un dire totale e insieme è l’occasione, il momento di una precisa, finanche spietata messa a fuoco. La spietatezza è un dono del linguaggio, del suo democratico accogliere tutte le sfumature possibili del senso; scrivere è, come per Baudelaire, mettere a nudo il cuore, le sue pulsazioni,  le sue vibratili emozioni, fino a scavare nel fondo stesso del sentimento, ora nascente, ora già decantato, ora illuso o disilluso.
[…] Non si avverte fragilità, in questo libro che si attesta come l’opera di una maturità ormai raggiunta; ogni frase è come scolpita, ogni singola immagine è un distillato finanche feroce. Ma questo si diceva sul principio: c’è una necessità, e quindi una libertà, anche nella spietatezza. Gli dèi che ancora s’aggirano, furtivi e guardinghi, nei vicoli notturni di Roma, lo sapevano meglio di chiunque altro. E continuano a saperlo, sognando un Olimpo impossibile.

Roberto Deidier

*

Se qualcosa siamo stati
eravamo niente
mare bianco marmo
come l’aria si sposta
dai pesci rossi

ma l’acqua cade obliqua
bagna e semina
– azzurro, azzurro
sopra tutte le macerie

da qualche parte
nasco senza ferita

Fotografia di Jone Reed

*

[..]
dono di pioggia,
pure il rovo ebbe le sue piegature
di dolcezza,
anche il pruno il suo candore.

Lucio Piccolo


Gli uccelli tornano

[la città solca gli anni
di ogni corpo]


come preghiera
senza saperla dire

*

C’è un punto esatto in cui
i corpi si riconoscono

come le edere
aderiscono uno all’altro

– senza penetrarsi
seguono la linea che giunge
alla prima sillaba del nome

:la linfa è pronta,
si dice cielo

Fotografia di Jone Reed

*

Se poggio la bocca
dove non sei

lecco il tuo nome

bianco vento
corpo minotauro
bianco fragile

– bianco il tempo
della tua attesa


Fotografia di Jone Reed

*

Nuda. Sonno del corpo trasparente
come un albero di vetro […]
Alejandra Pizarnik

La schiena di Roma
nell’incurvarsi dei platani,
sul lungotevere

in autunno rifiorisce
il gelsomino

ci arrendiamo
agli dei degli stracci
e alle cose abbandonate

Fotografia di Jone Reed


*

È l’ora
dell’odore dei pitosfori
e dei fiori dei tigli

violento deflagra

cede la pressione
dell`aria

si muore di tagli verticali
di volti, di luci spente

Fotografia di Jone Reed

*

Contro ogni più crudele cosa,
grazia sullo strazio
che ci ha afflitto

il Mondo al cospetto
del suo biancore

prepara a schiudersi
nel petto di ogni magnolia
e il mio – alla tua voce

Fotografia di Jone Reed

*

La tua voce batte qui
nell’`irriverente calura

– la febbre del glicine
ha partorito grappoli
d’ombra

scuoti senza tempo
l’abisso chiuso tra le viscere

e il vento di levante

Fotografia di Jone Reed

*


[…]
da me a te né dopo né dove,
nello scorrere
quando mi dici guardami bene,
guarda:
l’albero è capovolto, la radice è nell’aria
Pierluigi Cappello


C’erano dei roseti sfioriti
nelle cose che dicevi

voci
uscite da finestre
con gli scuri accostati

il tuo corpo all’ombra
negli anfratti fradici

fra i lungofiume,
i lampioni balenanti
lo smarrimento

ora
mi dispongo a mani giunte
ora

lascio aperta la porta e
la luce accesa

che tu possa entrare
bandire il vuoto attorno

come un grillo
una falena
un gigante piccolo
– addormentato sui gomiti

*

Elisabetta Destasio Vettori (Roma) è editor e consulente editoriale. Dal 1995 lavora nell’ambito delle produzioni teatrali e musicali e collabora con l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Dal 2019 è direttrice artistica della rassegna “Poeti in itinere”. Nel 2022 ha coordinato e condotto con l’Associazione Letteraria Elio Pagliarani e con Cetta Petrollo Pagliarani la prima rassegna delle riletture dei classici, presso la Casa delle Letterature di Roma. È autrice delle sillogi: Sogno d’acciaio e Corpo in animae (Annales Edizioni) con prefazioni di Alberto Bertoni. Alcuni suoi inediti sono stati tradotti in lingua araba e inglese per la rivista Alaraby Aljadeed, diretta dal poeta Najwan Darwish. È Presente nell’Atlante dei Poeti creato da Griselda, portale di letteratura del dipartimento di Italianistica dell’Università di Bologna.


Tutte le fotografie dell’articolo sono dell’artista Jon Reed: https://jonereed.com/