a cura di Maria Allo

Macabor 2023
Introduzione di Silvano Trevisani, nota a margine di Maria Pina Ciancio


Tutta la mia vita è una storia d’amore con la mia anima, con l’albero al bordo della strada, con l’aria
Marina Cvetaeva 

Nella nuova raccolta di Marina Minet, il cui vero nome è Teresa Anna Biccai, si presenta prepotentemente centrale la dimensione religiosa, che testimonia un momento particolarmente fecondo della spiritualità dell’autrice: quando il suo tormento interiore ha finalmente trovato una solida risposta di fede.  Si legge infatti nell’esergo della prima sezione: “Il faro della notte è il silenzio / e immersa vi rinasco alla preghiera”. Dominante è dunque la presenza spirituale, garantita dalla fede in un rapporto nuovo, intrecciato a un più alto livello di esistenza. Così i versi restituiscono al lettore il turbamento infantile, recuperato intatto dal fondo, spesso inesplorato e inconsapevole, della memoria. “Ad esserci mia madre, la luce, / l’avvento, la voce della festa / i dolci nella corbula e il sangue delle ginocchia / i sogni, le nocche nel rosario, rosate / e l’aspro dei limoni per la torta” (p. 79, sezione: Foglie capovolte). Il riaffiorare di luoghi (Assisi, p. 28) volti, gesti, assomma in sé il piacere del ricordo riconquistato, sottratto all’oblio, e lo struggimento della mancanza: la consapevolezza, cioè, che il tempo del ricordo se n’è irrimediabilmente andato: ”Ogni gesto mi appartiene / da quando lasciai il grembo / come incompiutezza di parola” (p. 75, sezione: Foglie capovolte). Silvano Trevisani, nella prefazione, scrive: “Pianure d’obbedienza è un atto di confessione alla vita che parte dall’amore, conquista maturata e tenuta a riparo negli anni della gioventù, ma poi riconsiderata, potremmo dire espiata, alla luce del cammino compiuto”. Il progetto della raccolta, segnato dunque dalla domanda e dalla ricerca, esprime la profonda connessione dell’autrice con la sua anima, offrendo la possibilità, attraverso l’esempio di Cristo, di dare un senso salvifico all’esperienza del dolore: “Hai visto le crepe dell’uomo / la nebbia densa di Babilonia / e in un giorno d’agonia / hai perdonato tutto” (p. 53, sezione: Preghiere). Maria Pina Ciancio, nella sua nota a margine, scrive: “Pianure d’obbedienza abbraccia la vastità poetica del cammino spirituale dell’autrice in tutte le sue forme. Tessuta alacremente fin dagli albori dell’infanzia, la gestazione si estende fino ad oggi, arricchendosi ulteriormente di studi e vissuti, che la poeta ha coltivato negli anni: ‘prima di ogni viaggio cerco l’altro agnello / le mete dei suoi occhi tracciano il mistero'”. L’amore come pietà e speranza, come recupero dell’innocenza primigenia e il silenzio, a conti fatti, è la vera costante, il tema di fondo che percorre la poesia di Marina Minet. Attraverso un’attenta analisi testuale, si riescono a cogliere echi e connessioni con tradizioni filosofiche e religiose, per esempio con Edith Stein, filosofa e mistica tedesca, e con Margaret Atwood: “Vivi queste premesse d’anima / come vertigini a sequenza / e non aver paura di cadere” (p. 61, sezione: Preghiere) o “Quale schianto avrebbe potuto piegarmi / se la bocca benediva di fango / a ogni respiro / e tutte le pietà sembravano straniere / riflesse nella croce di mio padre” (p. 64).
Va poi rilevato il tessuto di echi e di rispondenze sonore che associa con straordinaria intensità evocativa immagini antitetiche: ”Come l’acqua la tua parola scorre sulla terra / sveglia il sentire della quercia / i serpenti strisciano mansueti / la neve scalda nella preghiera” (p. 21, sezione: Le lodi del pensiero). L’abbandono all’acqua, simbolo della vita, diviene una carezza che, in un flusso inarginabile, eleva come rifugio di serenità e pace. Ne consegue che, in Pianure d’obbedienza, tutto è affidato al potere evocativo della parola, alla segreta magia del canto che, nel suo complesso, fornisce al lettore una chiave interpretativa fondamentale, e una forma nuova di complicità con il testo: che non va affrontato come un messaggio da decifrare, ma come un incanto cui abbandonarsi.

Maria Allo

Da: Pianure d’obbedienza, Macabor 2023

Ci sono terre che non perdiamo mai

Ci sono terre che non perdiamo mai
di notte si annidano malferme
dentro ai pugni
per poi svanire all’alba già incomprese

E sono terre dure, queste, pungenti
radici di frontiere piantate in mezzo al ventre
e a spingere ci dicono che in fondo
le abbiamo sempre amate

Di queste terre – dentro – abbiamo tutto
coste, ragioni, catene
miniere di licheni che tardano a morire
e lotte già finite e cominciate
che a vincerle cadiamo
se mancano domani

Joaquín Sorolla, La casa degli zingari a Sacromonte

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Mai la fine

Speranze

Non è mai la fine
c’è sempre qualcuno che prega
che nel chiosco ricuce bottoni
per chiudere il cappotto a un altro inverno

Non è mai la fine per noi che non odiamo
che nel deserto troviamo brocche d’acqua
versate dal destino
e poi le consumiamo insieme da cristiani

Sarà che ci crediamo nell’uomo
che pure se uccide, torna a casa
baciando il portone al rientro
per piangere di spalle

E tutti l’amiamo, una madre
che canta
che ride
che aspetta un ritorno
che sempre ci ricorda inermi
sopiti, le labbra sporche di latte
e cent’anni avanti da sperare

Joaquín Sorolla, El botijon, particolare, 1904

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Preghiera

Prima che sia giorno devo finire una preghiera
pesare le parole una per una e darle in mano a Dio
come richiesta altissima

Devo finirla senza nessuna boria
con tutta l’umiltà che posso offrire
limandola in bellezza come un salmo
perché sia già un ascolto

Forse devo includere il mio amore
chi è solo, i viaggi dei bambini
chi ha steso i panni al buio e non potrà tornare presto a casa
perché l’amore è un’arte che sa spartire il tempo
curando in ogni cosa il suo valore

Difficile è comporla e farci entrare tutti
senza trascurare chi ha bisogno
difficile ignorare quel perdono
per chi dopo la guerra ha colto un fiore
pensando di curarlo anche domani
difficile è dirla di nascosto
sapere che il silenzio è della croce

Joaquín Sorolla, Dopo che il sole è andato, particolare, 1907


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Marina Minet nasce a Sorso in Sardegna, ha vissuto otto anni in Basilicata e attualmente vive ad Ariccia. Ha pubblicato le seguenti monografie poetiche: Le frontiere dell’anima (Liberodiscrivere edizioni 2006), Il pasto di legno (Poetilandia, 2009), l’e-book So di mio padre, me (Clepsydra Edizioni 2010), Onorano il castigo (Associazione Culturale LucaniArt 2012), il racconto breve Lo stile di Van Van Gogh (Associazione Culturale LucaniArt 2014), le sillogi poetiche Delle madri (Edizioni L’Arca Felice 2015), Scritti d’inverno (a cura del premio Città di Taranto, 2017), Pianure d’obbedienza (Macabor 2023).
Fra le pubblicazioni ricordiamo la partecipazione a numerosi romanzi collettivi al femminile.  Il racconto-poema Metamorfosi nascoste è apparso nell’antologia Unanimemente a cura di Gabriella Gianfelici e Loretta Sebastianelli (Ed. Zona 2011). Le sue poesie hanno ricevuto numerosi premi a livello regionale e nazionale. Collabora al Magazine LucaniArt e da anni si occupa di divulgare la sua passione per la poesia, attraverso l’ideazione e la realizzazione di interessanti “video poetry” che è possibile visionare sul suo canale You tube.

Sito Web dell’autrice: https://marinaminepoesie.wordpress.com/