Interno Libri Edizioni 2022

prefazione di Giovanna Rosadini


Dalla prefazione:

[…] una scrittura densissima di riferimenti concreti al vissuto dell’autrice, dai luoghi amati di cui è originaria, quella Toscana costiera che guarda verso l’Elba, ricca di bellezze naturali come il Golfo di Baratti […] e di memoria storico-artistica, come il parco archeologico etrusco che si estende fino a Populonia […] agli affetti familiari […] È da questa corrispondenza che si origina la sostanziale rotondità di una poesia che ha un andamento liturgico, quasi una litania laica che si dispiega attraverso il ritmo serrato delle strofe e una versificazione che predilige le misure brevi e le forme chiuse, misurata nell’uso mirato degli strumenti retorici come metafore, analogie e sinestesie, naturalmente portata a un’immediatezza comunicativa che si serve di un lessico che attinge sia alla realtà quotidiana degli oggetti domestici […] sia agli elementi del mondo naturale […] che apparenta la Demi a uno dei maestri della poesia italiana contemporanea, Umberto Piersanti. Non a caso entrambi del centro Italia, eredi di un’altissima tradizione culturale e letteraria che pone il bello e l’armonia in primo piano, oltre all’amore per la propria terra e al richiamo alla civiltà contadina, presente per contrappasso anche in questa raccolta […] Terra e mare sono due dei poli di riferimento della poesia di Cinzia Demi […] Un presente che si sostanzia della pienezza esperita e ne rinnova il significato nella pratica e nella condivisione quotidiane di sentimenti, emozioni e bellezza.

*

bisognerà capire cosa ci porta
a credere nei grani a farne
sabbia di clessidra tra le mani
a non rompere i cristalli dorati
a tornare là dove siamo nati

nella casa con le pareti bianche
dove ogni cosa ha un nome
che chiamiamo ogni confine
è un richiamo che rapido svalica
si espande nel mondo

in un sussulto di folate tra
bacche d’acacia e lino chiaro
nella luce obliqua delle persiane
nel sacramento giurato sul
simulacro trasparente del mare

bisognerà capire cosa ci resta
della pazzia della festa del
calore di fiamma che ancora
difende la giovinezza
dei nostri corpi abbracciati

nell’alba tra i vapori, mentre
sprofonda l’ombra delle sagome
che ci furono accanto e d’un
tratto la memoria è un male
stordente l’umanità affonda

nella ragione oscura
i papaveri stentano a fiorire
e un tempo immobile non
spiega non glorifica ma non
rinnega la causa dei giorni

Giovanni Fattori, Marina a Castiglioncello, 1880

*

lassù al castello le mura sono di pietra
come le strade dentro la porta
rinascono ogni giorno
come scorta arroventata
da un sole di storia

sulla vetta di quercia alla notte
è il canto della civetta
che entra a ghiacciare
di paura il cuore delle case
nell’aria ferma di fine estate

ed è nell’azzurro del canale
che gialleggiano le ginestre
odorose di forme e poesia
col prugnolo che si sporge
nella via infestata dai corbezzoli

è nella piana bagnata
dall’umido del mare
che stanno le siepi di more
i ciuffi di capperi a cascata
le viole immerse nel muschio

è nel roseo guscio dei ciclamini
nei pini contorti dal vento
all’incrocio col piccolo cimitero
che trovi le anime del posto
vegliate dagli etruschi corredi

è lì che si piange per il loro restare
il loro sapersi abbandonare
sul cancello battuto dal vento
allo sbocco del viale
nel sereno di un mattino d’ottobre

quando vedi il buio diradarsi
e senti vicino quell’orizzonte
di un comune cammino
è li che si piange per gli occhi
azzurri di una fotografia

per il bambino che non è mai nato
per il vecchio che ha troppo vissuto
le sue guerre per la donna che è
cresciuta lontano che stringe
la sua terra con la mano

Giovanni Fattori, La strada bianca (particolare), 1887

*

non si ama la campagna da giovani
la si subisce come un torto
nelle mani sudate e nella polvere
che ti senti addosso
a maledire la pelle le squame le ossa

un morbo che sconquassa
che ruba tempo alla vita
prendi la vigna: un sapore aspro
di tralci stroncati e chicchi mai nati
un astro di zolle di passi affrettati

di mani crateri raccolte
a fare sangue di un frutto
sangue di un dio che non è tutto
bestemmiato per l’assenza
la mancanza più della presenza

non si ama la terra da giovani
la si vede come un impiccio
un impedimento statico lento
qualcosa da scavalcare
al massimo da calpestare

la semina il raccolto
il lavorare con la pala e la vanga
il raccogliere frutta la vendemmia
tutto sembra accadere di fronte
cosa che non riguarda la mente

un tempo non sentito
maldigerito uggioso e molesto
un aroma offeso di rame e zolfo
un’ingiuria al mare e al sole
del Golfo una sagoma che

non appartiene a niente
fatta di gesso e carbone
un modellino da costruzione
poi un sussulto un balzo del cuore
un rimescolare che illumina

la via maestra è cambiato il vento
soffia da levante oscilla
crescente i solchi sono ricami
del fosso un lingotto la terra rossa
l’argilla ora è una stella

Giovanni Fattori, Calesse nella Maremma toscana


*

volare
in questo istante di poca luce
vorresti solo volare
radente scoprire
un raggio d’arancio

oltre le tegole le fronde
altissime degli alberi
le onde maiuscole
dei porti
mentre la neve

cade gli occhi sui prati
e lui ti resta
nelle sillabe delle mani
negli abiti del cuore
nel silenzio che si fa giorno

Giovanni Fattori, Pagliaio, 1880

*

fummo solo un ritaglio di tempo
un barattolo aperto
scoperchiato dal vento
un vento che pareva forte
come il maestrale
che muove le onde
sino a farle salire
alle scale della banchina

fummo solo un vuoto d’aria
un riccio ucciso
sul ciglio del fosso
da una macchina sbandata
sulla carreggiata bagnata
bagnata da una pioggia di sale
sale grosso a ricoprire
ogni singolo gesto e l’avvenire

fummo solo un innesto
venuto male un germoglio
mai nato un fiore non sbocciato un
cantavamo un inno di lode
una frode allo spirito
ribelle sulla pelle solo
l’erba sembrava attecchire
e il profumo restare sul prato

fummo una bandiera
dissolta nello scirocco
nel caldo appiccicoso
della sera
una primavera
ritardata l’estate fredda
di San Martino
coi nostri morti a pregare
per l’indulgenza del mattino

solo l’autunno portò pace
portò il silenzio
delle foglie cadute
spense
la voce
nel rosso dei viali
e il male sembrò
un poco più lieve poi
venne coperto dalla neve

Giovanni Fattori, La libecciata, 1875

*

alla fine d’agosto
è la caduta dei cementi delle
vie d’acqua dei tigli nelle falde
il sole insegue le ombre festanti
spavalde nel guado del canto

ho conservato intatta
la carne foresta inesplorata
che ascolto partorita nell’incenso
dei garofani nel moto segreto
alfabeto di giovani mani

non c’è niente che possa
fermarmi nel greto del fiume
nei filari di uve spremute
si riversa il mosto odoroso
pietoso come offerta votiva

e cammino nel vento
al centro esatto dei crinali
mentre lento il miracolo
del giorno si compie sull’orlo
dei fossi sulle falci dei campi

s’apre un sentiero
sulla radura pare una città
dolente una madre di mura
senza affaccio abbraccio un’ombra
e un’altra e un’altra ancora

per una volta non sono
sola nel ronzio dell’aurora
i nomi sorridono al richiamo
issano vele di luce ridanno
voce al fico al grano alla croce

Giovanni Fattori, Pastura maremmana (Cavalli al pascolo), 1872

*

l’ultima è un giardino
che mai sarà uguale
alle forme dipinte
degli abbracci alle
parole della terra
che si apre e geme

non una finzione
ma un tesoro lieve
che muove e riposa
nel sacro dell’impronta
dove si uniscono i segni
e passa il filo dalla cruna

*

Cinzia Demi, Laurea Magistrale in Italianistica, è nata a Piombino e vive a Bologna. Dirige con Giancarlo Pontiggia la collana “Cleide” (Minerva), cura la rubrica “Missione Poesia, Altritaliani”. Ha pubblicato: Incontriamoci all’Inferno; Il tratto che ci unisce; Incontri e Incantamenti; Caterina Sforza. Una forza della natura fra mito e poesia; Ersilia Bronzini Majno. Immaginario biografico di un’italiana fra ruolo pubblico e privato; Ero Maddalena, Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri; Nel nome del mare; Voci Prime. Antologie: Tra Genova e Livorno: il poeta delle due città. Omaggio a Giorgio Caproni; Amori d’Amare;
Ritratti di poeta.
È tradotta in inglese, francese, romeno, ungherese, arabo, spagnolo, è traduttrice per la casa editrice Puntoacapo. Tra gli eventi: “Un thè con la poesia”, Bologna; “Festival Piombino in Arte”. Tra i riconoscimenti: 2019, Académie Mihai Eminescu Craiova: Médaille pour ses mérites dans la diffusion de la culture universelle e Prix Special pour l’excellence de sa création; 2020, Nomina a membro titolare de l’Académie Tomitane di Costanza; 2021, Premio Internazionale Camaiore a Corpo impossibile di Attila F. Balás, da lei tradotto; 2021, Premio Narrativa INPS per Voci Prime e video su Rai Cultura Letteratura.