a cura di Maria Allo

Il Leggio Editore 2024
collana Radici, diretta da Gabriela Fantato
prefazione di Anna Rita Merico

Come avviene in tutta l’opera di Sergio Daniele Donati, anche in Amén, l’ultima raccolta di poesie da poco uscita per Il leggio Editore, la poesia giunge a noi capace di far fiorire la parola e, attraverso la parola, dare forma a una realtà altra: “È ora d’essere Altro, d’abbracciare / altro, di cambiare nome / e lasciare che tornino / nei miei occhi / striature verde muschio / perse in un’infanzia tradita”; che non genera conoscenza tout court – semmai la nega e ne ammette i limiti – ma una nuova coscienza capace di recuperare il senso della vita. Gli occhi sono metonimia che coglie l’idea del vedere, della luce e del giorno, e che traduce il tentativo di trovare un senso umano, una redenzione condotta attraverso la parola poetica, la quale si involve in una ricerca profonda di enorme potenza lirica e semantica. Lo sradicamento che deriva all’uomo dal vedersi in tutta la sua nudità, cioè privo di quello che la civiltà ha costruito nei secoli (costumi, abitudini, valori, il senso stesso della nostra identità), è la condizione necessaria per recuperare il significato più profondo dell’esperienza poetica. Il testo incipit di Amén svolge la funzione di una dichiarazione di poetica e presenta il tono di un canto sacro; l’esperienza individuale si svolge nella dimensione transitoria e frammentata del tempo e l’uomo che non sa vedere oltre ne resta prigioniero; la poesia di Sergio è dunque il tentativo continuo di superare questo limite: “la parola è limite senza stelle, al nostro destino”, nella pacificante percezione di un equilibrio superiore e perfetto. Compito dunque del poeta è ricercare la fonte dell’ispirazione al fondo della propria anima, metaforicamente “al luogo sacro della gestazione…”, attraverso il ritorno alla sua funzione originaria: “Per la prima volta / conobbi allora / quanto è spaventevole / il silenzio che precede ogni creazione” oppure: “Là, risiede ancor muto / il canto che verrà cantato / nel giorno dell’evanescenza”. È dunque in questo luogo oscuro e misterioso che si origina il canto e che solo il poeta può tentare di comunicare agli altri uomini attraverso la magia della parola. Se nella parola di Celan, segnata dal trauma storico dello sterminio degli ebrei e protesa alla disperata ricerca di un significato, prevale nel complesso il senso del fallimento, e così l’ombra del silenzio si estende sul mondo che sopravvive, spingendo il poeta al suicidio, invecenella ricerca poetica di Sergio Daniele Donati come scrive Anna Rita Merico nella prefazionel’uomo contemporaneo si mostra nella delicatezza dell’appena nato che cerca pelle, corpo ed epiteli di dentro per affondi di consapevolezza della propria umanità in dialogo con la trascendenza intesa come sentire e palpitare d’essere”. In Amén dunque l’autore riesce a sfidare la barriera del silenzio: “Aspetta; dillo più piano, / che sia un sussurro / il tuo parlare della fine”. In un contesto che sembra indurre il poeta al silenzio, il canto non si spegne, ma si tramuta, nella seconda parte dell’opera – “Balbuzie (attraversamenti poetici immaginari)” –, ampliando la visuale a un orizzonte più vasto, in cui l’esperienza di Sergio Daniele Donati diviene emblema del viaggio dell’intera umanità, che aspira a una rigenerazione che la riporti a ritroso nel tempo, a una ideale rinascita. “Chi scrive in un certo senso non fa che dar voce alle voci che lo attraversano. La Parola cerca il dialogo per esistere, con sé stessi, con il lettore, con chi ha scritto prima di noi”, così scrive l’autore nel Brusio del ricordo, in dialogo con Gabriela Fantato.

Maria Allo

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Da Amén (Il Leggio Editore, 2024)

INCIAMPI E BALBUZIE

Parlai d’inciampo e balbuzie
molto prima che il cuore
s’infiammasse dell’inutilità
della parola.

Per la prima volta –
conobbi allora
quanto è spaventevole
il silenzio che precede ogni creazione.


Isaak Levitan, Grande strada

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L’ORA DEL RITIRO

È ora del ritiro,
del dire che si fa luce
e tacita nel vento
l’intenzione d’essere.
È ora d’ascoltare il passo del timido;
il passo sovrano e ritroso
che mostra il bello
offrendoci la schiena.

È ora di dire: “ho fallito,
ho detto troppo,
ho annegato in un fiume malsano
il canto della foglia”
.
È ora di divenire petalo di nuovo
e non sentire più rimpianto
per la voce di un maestro
morto troppo giovane
per completare l’opera.

È ora di dirsi incompiuti
e accettare innesti di piante
estranee su rami senza frutti
e godere dello spettacolo
circense che dipana
dalla nostra fuga dalla vita.

È ora d’essere Altro, d’abbracciare
altro, di cambiare nome
e lasciare che tornino
nei miei occhi
striature verde muschio
perse in un’infanzia tradita

Isaak Levitan, Presso il gorgo, 1892

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IL SOGNO DI ODISSEO

Le notti di luna piena
sogno il ritorno
impossibile dell’albero
al seme di cui
non ha più memoria.

Ho immaginato l’amore
troppe volte
per poter dire
d’averlo mai vissuto.

La Dea Assenza veste
di lino azzurro,
mi mostra le spalle
e ride della mia brama
di poter raggiungere
la linea dell’orizzonte.

Non ho ingannato Polifemo
dicendomi “Nessuno”;
io sono un frammento,
una scaglia di ciò che,
assente a me stesso,
non ho mai saputo essere.

Isaak Levitan, Autunno dorato, 1895

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L’ANTICO

Non son nato filosofo,
sono amanuense,
forse solo artigiano.
Non so aprire strade nuove,
ma datemi un machete
e vi mostrerò le tracce dell’Antico
tra liane e sterpaglie.
Sarà lui la vostra guida.

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VOCI

In attraversamento poetico con
Rainer Maria Rilke (Praga, 1875 – Montreux, 1926)

Non chiedo a chi appartengano quelle voci,
quei richiami animali e fruscii di foglie, quelle luci
che filtrano lente e inattese, mentre il passo
sosta improvviso e tace (finalmente) il brusio della vita.

Non chiedo perché ogni domanda è sovrapposizione
di significato al suono (di simbolo a iride).
Non chiedo, e la domanda (mai posta) mette radici nel luogo
ombroso della sua gestazione.

La domanda è prima della parola, di ogni parola,
e la risposta è nel ginocchio che cede, nel tendine
che si lacera e impone a occhi bambini
di toccare la terra e tornare tra i muschi.

Là, tra antenne d’insetti, e maceri di fogliame ho raccolto
ossa di avi. Ognuna cantava con timbri di cembalo e,
lanciata in aria, tornava dopo secoli al firmamento
che gli aveva dato nascita.

Non chiedo a chi appartengano quelle voci ma le ho contate
una ad una, e ho dato loro un nuovo nome
mentre il pelo sul mio volto si faceva
candido e la mano rugosa.

Ascoltare, Maestro, è tornare nel palmo delle proprie mani,
percorrerne con lentezza di lumaca ogni solco e dirsi uomo
capace di non porre domande a un cielo pudico
che tace; per non annientare il sogno.

Isaak Levitan, Sopra l’eterna pace, 1894


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Sergio Daniele Donati (Milano, 1966) è un avvocato. Studioso e insegnante di meditazione ebraica ed estremo orientale, insegna cultura ebraica e meditazione in associazioni e scuole di formazione. È stato allievo di Haim Baharier e di altri maestri di pensiero ebraico. Ha pubblicato: E mi coprii i volti al soffio del Silenzio (Mimesis, 2018), Il canto della Moabita (Ensemble, 2021), Tutto, tranne l’amore (Divergenze 2023) e la presente raccolta Amén (Il Leggio Editore 2024).

Sergio è anche qui: https://www.leparoledifedro.com/

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Maria Allo (Santa Teresa di Riva, ME) è laureata in Lettere classiche, vive e opera tra Catania e Parigi. Docente di Italiano e Latino, ha partecipato a diverse antologie poetiche ed è risultata vincitrice in numerosi concorsi letterari. Tra le sue pubblicazioni: I sentieri della speranza (Gabrieli editore, 1985), Riflessi di rugiada (Albatros, Nuove voci, 2011), Al dio dei ritorni (Galassia Arte, 2014), SolchiLa parabola si compie nei risvegli (L’Arcolaio, 2016), La terra che rimane (Edizioni Controluna, 2018), Talenti di donna (Onirica edizioni, 2013); ha curato Radure (Ladolfi, 2019). È presente con saggi e contributi su molte riviste; ha tradotto il poemetto L’ombra di Athos, testi di Canti di misconosciuta gloria e Guida per la sopravvivenza di giovani esordienti del poeta greco Σωτήριος Παστάκας. Traduce testi di poeti greci su Εξιτήριον .Maria è anche qui: nugae11.wordpress.com