Il Convivio Editore 2022

Prefazione di Antonio Bux


Ombra, terra, fuoco, acqua: nella cosmogonia interiore che Maura Baldini dà alle stampe come suo esordio poetico (La slegatura, Il Convivio Editore 2022, prefazione di Antonio Bux) l’elemento aereo è umbratile, e deve attraversare le gravità di suolo e sottosuolo, le materie scure terrestri prima di venire al lavacro del fuoco e alla quiete dell’acqua.
In questi orizzonti, slegatura è orfanità dell’essere, quando per nascita il vivente è divelto dalla propria misteriosa, spirituale matrice; e la poesia di Maura è un cammino a ritroso, dichiaratamente incerto che, della creatura, visita insondate complessità: nella tensione tra corpo e spirito, nelle tempeste sinaptiche del sentire, nelle incomprensioni coi propri simili, che versano in analoghi vincoli.
Scalare discendendo la peculiare propria identità profonda e immateriale, spezzando sulla terra, come pane di redenzione, il nome che ci è stato assegnato, e seguendone alla lettera la liturgia del destino: il corpo percorso e infranto in dono, che volge il volto a universale salvezza, come l’animale alla fonte.
Angeli caduti, lo sguardo torvo e ferito di Alexandre Cabanel, ci distilliamo in lacrima, e lungamente decifriamo un cammino senza tappe, ponendo ogni consapevolezza sul ciglio della perdita.
Nell’opera sua prima, Baldini parla in versi ma dice cose precise: venuti dall’ombra, portiamo in noi vastità sopite, che solo all’impatto severo con la terra e all’ustoria aspersione del fuoco si temperano in fluido, celeste affidarsi.
La reminiscenza dell’acqua, conforto e nostalgia, perpetua e tenera spina dell’origine, riporta al senso pieno della vita: fluire e farsi cavi, grembo morale che accoglie e genera, soffice accortezza che svincola e assolve. Aprendo le chiuse del timore, e lasciandosi cadere salendo, in un yeatsiano giardino dei salici: il trasfigurare dell’alzarsi in preghiera, inchinandosi al proprio annegare.

*

Da Maura Baldini, La slegatura, Il Convivio Editore 2022


Il violino ridotto all’assolo
spacca la cresta della montagna.

Si accalcano le bestie
nella feritoia – barcollano
nell’ombra – cielo esploso nel viola.

Voltati, non parlare –
I miracoli sono ibridi di ossa e vento.

Fotografia di Alain Laboile


*

Non serve tornare al pozzo
dove le braci sono rimasugli
di un fiore di fuoco.
Ora sei terra fresca,
filamento di luna,
corteccia da lavorare
sul ciglio del futuro.

Presiede la metamorfosi
la volontà scissa dalla maturazione.
Tornare al dettato dei boschi
per essere tempio dei lupi,
servi del falco che si libra
ghermendo la fiamma in fiore.

Fotografia di Alain Laboile


*

Infliggere aghi di ghiaccio
a un corpo che vuole calore.

Fra tronchi e acqua mi siedo
in un senso parallelo alla vita.

Coi capelli riversi sul volto
restare è il vizio di amare.

Fotografia di Alain Laboile


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Così, in fondo, è la morte
un varco nel petto
sotto la tua mano
che viene a toccarmi
dove l’ala è di scarto
uno squarcio, un ricordo,
e sei qui come prima.

Fotografia di Alain Laboile


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E poi quella nota:
come pupilla
si dilata
e precipita in luce.

Un vortice beato
come il volo
di un colombo
espanso
in uno spasmo incenerito.

Così il cuore
è al colmo.

E giungono, di seguito,
altre note,
tremano sullo sfondo,
riverbero degli occhi.

Incarnando un destino,
la sinfonia dei battiti
è animo in cascata.

Fotografia di Alain Laboile


*

NEL FIGLIO

Hai raccolto un fiore caduto.
Ti ho detto: è figlio della Mandevilla.
Hai cercato, per ricovero, un acquario.

L’acqua non ha tempo – hai detto.
Per questo non morirà la testa caduta.

Non hai ceduto alla teoria della specie,
e hai strappato le altre teste
per gettarle nell’acquario.

I rami defraudati cadono al vento,
mentre penso alle teste morire
nell’innocente acqua di sangue.

Sangue che sgorga alla radice
per segnare il passaggio,
per chiedere conto di sé.

Mi volto al tuo appello,
gli occhi nell’acquario:
non ci sono cadaveri,
ma campi di coralli che riscrivono la specie.

Mi porgi il vaso con un sorriso:
dentro, i rami color salvia avvizziti.
Le tue mani – ora lo so – sono le mie radici.

Fotografia di Alain Laboile


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Maura Baldini è avvocato, vive tra Ginevra e l’Italia. La slegatura, opera tra le vincitrici del Premio Pietro Carrera 2022, è la sua raccolta di esordio.