Daniela Pericone, foto di Antonio Sollazzo

Moretti&Vitali Editori 2020

Postfazione di Alessandro Quattrone


Dalla postfazione:

Con la poesia di Daniela Pericone, quando la visitiamo, prima ancora di notare se è un certo ritmo, un certo pensiero, una certa immagine o una certa sonorità a determinare la nostra reazione, sentiamo di essere in un luogo che – poeticamente parlando – riconosciamo come una casa (una dimora) nella quale si sta bene, nonostante i suoi angoli scuri, i contrasti fra i colori, la planimetria inusuale.
[…] La poesia di Daniela Pericone è frutto di una scelta di riservatezza. Non c’è sfolgorio, non ci sono urla nei versi: tutto è al suo posto ma si lascia solo intravedere, come se fosse immerso in una bisbigliante penombra. A volerla classificare, questa poesia potrebbe essere definita astratta. Ma si deve sgombrare il campo da possibili equivoci in proposito. L’astrazione qui non è mancanza di realtà, ma rielaborazione, o addirittura redenzione della realtà stessa, se consideriamo che il linguaggio poetico può diventare uno strumento di salvezza, o almeno di sopravvivenza. A Daniela Pericone interessa dunque trasformare la realtà in linguaggio, più che rappresentarla. Se ne serve come occasione e nutrimento, non lasciandola mai così com’è. Non è possibile riconoscere luoghi o eventi precisi nei suoi versi, che mirano a trarre l’universale dal particolare mediante un procedimento che mescola e combina elementi esterni e interiori in maniera spesso sorprendente.
Tutto il libro è strutturato secondo un criterio elettivo, che prevede il rigoroso collocamento di ogni parola, di ogni suono, di ogni accento. Nei versi non c’è niente di casuale. Siamo di fronte a un linguaggio distante tanto dalla facilità colloquiale quanto dalla predominante koinè poetica contemporanea. L’autrice scrive ben sapendo che dopotutto la lingua è fatta per l’uomo, non l’uomo per la lingua, per così dire; perciò qua e là nei testi troviamo scarti dalle comuni aspettative linguistiche, scarti che non dipendono da vezzi o da spirito d’avanguardia. Lo scopo è sempre costruttivo. Quando ricorre all’ellissi, ad esempio, o a una certa forzatura della sintassi, come pure quando usa in modo originale le preposizioni o si avvale di vocaboli rari, lo fa per una volontà di superamento dei limiti grammaticali generata da superiori necessità espressive.
[…] La dimora insonne è il frutto di un lavoro severo. È l’autrice stessa a informarci di questo processo originario già nella prosa posta all’inizio del libro. Nei suoi testi c’è una ricerca assidua dell’espressione capace di essere il “calco esatto” dell’ardore.
[…] Dimora insonne è dunque la poesia stessa, che è abitata da uno spirito su cui essa vigila giorno e notte, per difenderne l’integrità. Stare dentro la dimora insonne, quindi, significa sentire che il proprio essere più autentico è inattaccabile. Sentire che quanto c’è di più prezioso potrà consistere, persistere e sussistere.
[…] Se è vero, come scriveva Heidegger, che “il linguaggio è la casa dell’essere”, allora innanzitutto deve essere salvato dalla vacuità e dall’inconsistenza. Solo così potrà a sua volta offrirci rifugio. Nella poetica di Daniela Pericone questo edificio deve essere solido come una fortezza e appartato come un monastero. “La lingua salvata” di canettiana memoria (citata in un verso di Lambisce gli ori) ci salverà se sarà una dimora insonne, che custodisce il nostro essere più autentico e il nostro bisogno di senso vegliando incessantemente.

*

Da: La dimora insonne, di Daniela Pericone

La lingua è uno sciame di voci venute dall’infanzia e parole accumulate nelle letture solitarie. Eppure non basta il ricordo, né la folla dei libri, quel che conta è l’inclinazione dei sensi, il daimon di ognuno.
Tra i suoni avuti in sorte il poeta soppesa, scarta, innesta, disdegna o accoglie, corrompe o acclama. Così edifica la sua dimora, dà forma al suo proprio idioma, inconfondibile nel timbro, nei colori, il calco esatto del suo ardore.

Cecilia Paredes


*

Dalla sezione: Rumorio della cenere

Strani cieli
sussistono al nostro passaggio
inerme a scalfire la pietra
l’insorgenza del fiore
è un lampo dall’acqua
alla polvere.

*

Rinunci a dire
del tempo, smalto
sottile ai giorni e pochi
inganni – l’inverno
è indecidibile, non è furia
né incanto ai cortili.
Forse avrai scampo la sera
nei gesti del riserbo –
se un desiderio assale
o un timore, adàgiati
al mutare, i corpi vegliano
in candori o crepe, inermi
alla caduta – tesi in cristallo
i ricordi. Sfavilla assenza,
al suo splendore
si disorienta il buio.

Cecilia Paredes


*

Non so dare ristoro
se non dicendo sono qui
o tacendolo – lontano
stenta un chiarore –
guarda, diluvia ovunque.

*

Fuggitiva la luce
e amara, se di quei giorni
era la rinascita o il candore
di chi non s’è deluso
che in rade battaglie.
Era l’innocenza che
attirava gli uni agli altri
sfrontati, riconoscenti.
Non divida il rimpianto,
piuttosto celarsi, nell’indole
ciascuno ha il suo cimento,
gli innocui versano
il loro obolo al sopruso,
sanno che è uno spreco
persino il tempo
della vittoria.

Cecilia Paredes


*

Dalla sezione Indizi di naufragio

Le notti siano consolate
ora gravano i gesti del disdoro
piogge incessanti scrostano
i muri, alle case resterà il sale,
occorrono albe e dita leggere
a volte basta sfiorare
la terra a ricevere il frutto
ancora s’attorcono i rami
eppure un incanto, uno stare
sospesi, distrarre parole
è avere pensieri
perfetti.

*

La costa è un candore
che abbaglia a picco
sull’oceano, si annuncia
il tremendo – vastissime onde
uncinate a schiantarsi sul pendio
dove corri e corri alla cima
inarrivabile – di colpo cede
il fragore, la vista sull’onda
che si abbatte dischiude
i fondali, si inabissa
il mostro, la sua diceria.

Cecilia Paredes


*

I giorni sono repliche
o frenesie – dove i sogni
non hanno remore, tutto
si lega in visione e nudità –
le veglie portano appesi
incubi dove ogni parola
schizza dalle sedie, il silenzio
delle stanze interrotto
da colpi di stivali, intrusioni.
Le pareti si aprono
ai bagliori delle vie battute
di notte, le ombre sui muri
si toccano finalmente
placate, protette.

*

È inerte l’aria e tuttavia
impetuosa reclama
il crepitare della brace
ancora viva, arroventata
così la terra cova le sue radici
sovverte sommessa il gelo
la ribellione pacata
dei reclusi.

*

Dalla sezione: La dimora insonne

Restiamo nel folto
che inscena promesse,
l’incerto del bosco è sollievo
ai giorni che non salvano,
scavalco senza respiro perdite
e insonnie- siamo al culmine
o all’esordio della piena –
così d’ognuno la vita, solo
vorrei non dirla divisa
da queste mie mani, se esista
riparo o anneghi la pena
sperperio, lingua che stenta
e frana anche l’aria.

Cecilia Paredes


*

Non smettere, dici,
non farmi mancare notizie.
Le parole, il pensarsi
sono un balsamo. Le strade
si confondono tra gli alberi, docilmente
l’uno all’altro svanisce il dolore.
Aspetta, dici, fino all’ultimo istante
fuori piove, le tempie dimenticano
i battiti, lentamente la pioggia insegna
alle dita il silenzio. La notte
scivola, chiara

*

Dalla sezione: I silenziosi, i solitari

I silenziosi, i solitari
sostano agli angoli
coperti di lune
traversano i fuochi
e l’offesa, tralasciano
le mani voraci
si spostano i deserti,
è terra temeraria
la pazienza.

*

Forse un ricordo
senza saperlo si compie
in un verso, che il garbo
predilige allo schianto,
infallibile la voce
traluce temperanza.
Quel che siamo, non siamo
teme rimpianto e tempo
a scongiurare il cinismo
ogni cosa trascurata
precipita in un dettaglio
che ci nega.

Cecilia Paredes


*

Daniela Pericone è nata nel 1961 a Reggio Calabria e vive a Torino. Ha pubblicato i libri di poesia: Passo di giaguaro (Ed. Il Gabbiano, 2000), Aria di ventura (Book Editore, 2005), Il caso e la ragione (Book Editore, 2010), L’inciampo (L’arcolaio, 2015), Distratte le mani (Coup d’idée Edizioni d’Arte di Enrica Dorna, 2017) e La dimora insonne (Moretti&Vitali, 2020), che è risultato Finalista ai Premi PontedilegnoPoesia 2021 e Caput Gauri 2021 e 3° classificato al Premio Casentino 2021, e ha ricevuto la Segnalazione Speciale “Una Vita in Poesia” al Premio Lorenzo Montano 2021 e la Menzione di Merito al Premio Città di Acqui Terme 2021. Sue poesie sono tradotte in Francese, Spagnolo, Romeno. È presente con sue poesie e prose e interventi critici sulla sua poesia in volumi collettivi e riviste (“L’immaginazione”, “Poesia”, “Capoverso”, “Agon”, “Levania”, “Leuké”, “Almanacco dei poeti e della poesia contemporanea”), e numerosi siti e lit-blog. Si occupa di critica letteraria e collabora a riviste e siti dedicati alla letteratura (“Laboratori Poesia”, “L’EstroVerso”, “Poesia del Nostro Tempo”). Cura eventi e reading con enti e circoli culturali.